di Monica Grassi
In questi giorni la parola smart working è ovunque intorno a noi. Mai come in queste settimane, tutto il sistema produttivo ha dovuto implementare nuove modalità di lavoro.
Ma lo smart working non nasce a febbraio del 2020: si tratta di una pratica usata da sempre per alcune categorie di lavori. È familiare infatti ai collaboratori, ai co.co.co, ai prestatori di servizi ed è regolamentata ufficialmente con la legge n.81 del 2017 che ha sancito norme e misure per favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato.
La diffusione dello smart working in azienda
Il lavoro agile nel 2019 è stato implementato solo dal 39% delle aziende; di queste, il 27% lo aveva attivato solo per alcune aree funzionali, mentre per il 12% coinvolgeva tutti i dipendenti. Si configurava per un uso limitato ad 1 o 2 giorni della settimana.
Questo fino allo scorso febbraio, quando, lo stato di necessità, ha stravolto previsioni e numeri e, improvvisamente, saper lavorare da remoto è diventata una delle abilità più richieste per tutti: capi e collaboratori.
Già, perché se pensi che basti avere una connessione e un PC per potersi definire lavoratori agili, ti sbagli di grosso. A dimostrazione di questo ci sono le caselle di posta, i social network e tutta la rete permeata di articoli che forniscono suggerimenti, vademecum, indicazioni sulle modalità operative di un buon smart worker. Le stesse aziende, datrici di lavoro, hanno realizzato mini-guide che sostengano i propri dipendenti e collaboratori in questa nuova pratica.
Regole per lo smart working efficace: sono sufficienti?
Non si tratta solo di vademecum. Le tecniche sono utili ma per definizione sono strumenti nelle mani di chi le adopera: di per sé non assicurano successo nella loro applicazione. Non si tratta di schiacciare un tasto, collegare un link. Si tratta di connettere pensiero ed azione, di essere focalizzati sugli obiettivi, di sviluppare una visione d’insieme, di mantenere un buon bilanciamento tra vita professionale e privata anche dentro le mura di casa.
Ho letto articoli che suggeriscono di tenere separati gli spazi di lavoro da quelli casalinghi… peccato che la maggioranza di questi nuovi lavoratori agili, compresa la sottoscritta, lavori in un angolo del tavolo della cucina o della camera, non avendo a disposizione studi dedicati.
Altri suggeriscono “to do list” e gestione del tempo, ma questo si scontra con una realtà dove i figli pretendono attenzione in quel preciso momento in cui serve preparare una relazione da consegnare prima di sera.
E vogliamo parlare del fatto che tutte le incombenze domestiche, stando tutti contemporaneamente a casa, improvvisamente si siano triplicate rispetto alle giornate che una volta definivamo “normali”?
Come facciamo ad essere efficaci e soprattutto da cosa dipende la nostra efficacia? Come direbbe Covey, la risposta sta nella differenza tra carattere e personalità e nella necessità che ogni cambiamento parta da noi. L’approccio, il mindset, è fondamentale, ma per cambiarlo occorre primariamente comprenderlo, intuirne il funzionamento, conoscere le risorse interne che ciascuno ha a disposizione.
Il modello S.F.E.R.A
Se desideri eccellere nelle tue prestazioni professionali e non, il modello guida da seguire è S.F.E.R.A., presentato alla comunità scientifica nel 2009 dal prof. G. Vercelli.
Questo modello individua quali fattori rappresentano gli elementi essenziali per ottime performace, anche in smart working. Si tratta di un modello dinamico dove l’individuo e l’ambiente sono visti come universi interagenti in continua ricerca di un equilibrio, in ottica olistica ed integrata. Questa è ciò che viene definita come “Intelligenza Agonistica, cioè l’insieme delle competenze insiste nella naturale tendenza dell’essere umano di progettare, affrontare, superare e prevedere le sfide con se stesso, con gli altri e con l’ambiente” (Vercelli, 2008).
E quali sono i fattori che compongono una prestazione eccellente? Cosa la determina? Per scoprirlo, decliniamo l’acronimo S.F.E.R.A.:
- Sincronia
- Punti di Forza
- Energia
- Ritmo
- Attivazione
Questi 5 fattori interagiscono l’uno con l’altro e ciascuno genera il successivo. Vediamo brevemente di cosa si tratta e quali sono le leve a nostra disposizione per migliorare (vademecum a parte) le nostre performance.
Sincronia
Si tratta di attuare ciò che pensiamo di fare, in una parola: realizzare. Questo avviene quando riusciamo a mantenere la concentrazione, quando il corpo e la mente si alleano e il tempo risulta dilatato. Tutta l’attenzione è rivolta all’azione in corso, con la tensione di tradurre in gesto quanto la mente ha già realizzato. Essere in ascolto del proprio corpo e dei propri movimenti, essere concentrati allontanando il timore di sbagliare, senza preoccuparsi del giudizio di terzi o delle pressioni che possono venire dal mondo circostante.
Per incrementare la concentrazione ti suggerisco un semplice esercizio di respirazione che favorisca il rilassamento. Le app ci aiutano in questo: vai su Play Store e scegline una sulla meditazione o sul training autogeno. Attua questa pratica quotidiana prima di cominciare a lavorare e sarà tempo ben investito! E perché no, durante i tuoi giorni in smart working insegnala anche ai tuoi figli urlanti, avrai delle belle sorprese.
Punti di Forza
Per parlare di punti di forza dobbiamo prima chiarire il significato di forza:
La forza è la potenza insita nell’organismo attraverso il quale l’uomo compie i propri atti e i propri movimenti.
Esprimere al meglio la propria forza passa attraverso la consapevolezza delle proprie capacità e dei propri limiti. Cioè la capacità di monitorare le prestazioni. Secondo Albert Bandura, psicologo canadese, il concetto è nell’autoefficacia, ovvero “la sensazione da parte di un individuo di essere capace di assolvere un compito“.
Cosa significa questo? Che la convinzione di riuscire a incidere fortemente sul raggiungimento di un risultato (autoefficacia) influenza le prestazioni: se infatti non ci si ritiene all’altezza di un compito, il livello di concentrazione e di impegno è basso e al primo ostacolo si tende a rinunciare. L’istinto è infatti focalizzare l’attenzione sulle difficoltà del compito e sulle possibilità di insuccesso.
Per incrementare i nostri punti di forza dobbiamo ricorrere ad un vecchio amico: il feedback. Sia dato da altri che direttamente a noi stessi, è il modo privilegiato con il quale impariamo dall’esperienza.
Energia
Energia come utilizzo della forza e della potenza. In questo caso il verbo chiave è “dosare“: troppa o troppo poca non è mai funzionale al nostro obiettivo.
I fattori che compongono l’energia sono il dinamismo e la dominanza.
- Il dinamismo si esprime attraverso la parlantina e l’entusiasmo
- la dominanza è la capacità di influenzare il comportamento altrui
L’energia si alimenta con la passione e il desiderio di raggiungere un obiettivo e con la volontà di perseguirlo. La combinazione di passione e di volontà è il motore propulsore dell’energia.
I distruttori dell’energia, invece, sono i troppi obiettivi aperti che rischiano di dissipare e disperdere l’energia a disposizione. Quindi è importante scalare la montagna passo dopo passo, concentrando l’attenzione su un obiettivo per volta.
Durante i miei corsi, i partecipanti a questo punto mi chiedono a cosa serve lo stress e se si può “disinstallare”. La risposta è che “finché c’è vita c’è ansia”!
Tra tutti i fattori l’energia è il più complesso, in quanto anello di connessione tra stati d’animo e prestazione. In altre parole, si tratta di mantenere l’equilibrio tra capacità e richiesta, gestendo l’area virtuale che si trova tra noia e stress, dove troviamo la tensione utile e direzionabile che rappresenta il propulsore dell’azione. Lo stress serve, punto e basta, purché positivo. Impariamo ad usarlo nel modo giusto.
Ritmo
Il ritmo rappresenta il corretto flusso nella sequenza dei movimenti, la coordinazione, l’armonia, la bellezza. In S.F.E.R.A. il ritmo esprime la capacità di ordinare il movimento in modo armonico, dosando l’energia, per esprimerla ad un livello qualitativo superiore. Conferisce eleganza al gesto, all’azione, al pensiero.
Per i manager scrivo ora una parola importante: è il fattore della leadership!
Chi è nel ritmo si muove con una eleganza quasi ipnotica, attira gli sguardi come un catalizzatore, come un leader nel quale gli osservatori si identificano o aspirano ad emulare. In questo senso, nel ritmo identifichiamo l’esercizio di una leadership autorevole dove si parte da un efficace governo di sé per arrivare al governo esterno di un team. Tra le cause di disturbo del fattore ritmo rientrano:
- L’essere in ritardo su un’azione
- Recuperare faticosamente le informazioni oppure perderle del tutto
- Avere la sensazione di non riuscire a seguire gli eventi, perdendo la connessione con sé e con gli altri
Se questo viene compromesso, infatti, di pari passo si riduce l’efficacia di una prestazione, si commettono maggiori errori. Si possono avere anche sbalzi di umore o altri disturbi, quali ad esempio disturbi gastrointestinali, problemi cardiaci, che possono nel lungo termine sfociare in vere e proprie patologie croniche. Chi non ha mai sentito la parola stress lavoro-correlato? (scarica qui la guida dedicata).
Attivazione
L’attivazione è rappresentata dal verbo “progettare” e ha che fare con uno stato mentale connesso all’idea di appagamento, piacere, gioia nel tendere ad un obiettivo. In altre parole, corrisponde alla motivazione che spinge e muove le energie.
Le sensazioni associate a questo fattore sono il divertimento, la gioia, l’entusiasmo. Per meglio comprendere il significato di questo fattore, è utile cercare l’etimologia della parola entusiasmo: deriva dal greco ἔνϑεος, composto di ἐν, in, e ϑεός, dio, cioè il “dio dentro”, “avere dio dentro di sé”. Il termine entusiasmo nella cultura greca antica serviva per indicare una condizione di esaltazione o di eccitazione fisica e psichica tipica di chi sembra “posseduto”, di un folle.
La follia però per il mondo antico non era necessariamente considerata un male. Al contrario, era comunemente ritenuta un dono degli dei concesso a pochi. Essere entusiasti quindi è vivere un momento in cui le passioni raggiungono il massimo stato di attivazione e si trasformano in obiettivi che sembrano ispirati da un volere superiore, quello della connessione con l’identità, la parte più profonda di un individuo.
Qui gioca un fattore determinante anche per i manager che chiedono come possono motivare i propri collaboratori. La parola d’ordine è una corretta definizione dell’obiettivo, declinato secondo le corrette regole imprescindibili dal coinvolgimento e dalla condivisione degli interessati.
Per concludere
È evidente che per lavorare bene non serva un vademecum sullo smart working, ma un lavoro continuoe costante con noi stessi. Dici che questo all’inizio non te l’ho scritto? Vero, nessuno avrebbe letto fino in fondo, alla ricerca della ennesima ricetta per il successo. Però ti lascio con una citazione tra le mie preferite:
Si vince con la mente innanzitutto!
Che è un po’ come dire che prima di tutto realizziamo gli obiettivi nella nostra mente, poi li concretizziamo in azioni.